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Momento difficile, fine relazione

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Messaggio  Mister Big Lun Feb 21, 2022 4:43 pm

Io credo (per esserci passato) che terapie di un paio di mesi, no contact di "lunghi" periodi come quelli che leggo siano abbastanza inutili....nel senso che si è solo all'inizio del percorso. Ci vogliono anni per uscirne, letteralmente anni, sia di terapia che di no contact. Servono anni di lavoro su se stessi e di ricostruzione di noi. Servono anni di rieducazione del nostro pensiero e anni per costruirci di nuovo una visione di noi che sia effettivamente rispecchiante il "noi" che cammina nel mondo.
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Messaggio  Lady_Macbeth Mar Set 21, 2021 3:18 pm

Ciao Sara, ho letto questo tuo messaggio pieno di sofferenza , ed anche se sono passati mesi volevo sapere come stai. Posso aiutarti poco, ma capisco profondamente quello che descrivi, io stessa da un anno ho chiuso i rapporti con una persona simile, ed ancora sto soffrendo molto.
Se ti va sono qui.
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Messaggio  Sara87 Mar Gen 26, 2021 8:43 am

Sto uscendo con grandissima difficoltà da una relazione con una persona con marcati tratti borderline, dopo un percorso di sostegno di 2 mesi con una psicologa e ormai più di un anno di sofferenza. La relazione era iniziata come una favola e lui mi si era presentato esattamente come l’uomo dei miei sogni: dinamico, intelligente, indipendente, appassionato. I primi due mesi sono stati semplicemente perfetti, eppure sentivo un campanellino di allarme nella testa che mi suggeriva che, nonostante la cosa mi facesse ovviamente piacere, mi lusingasse e fosse ‘trascinante’, l’entusiasmo di questa persona era davvero eccessivo: il ti amo detto dopo sole 2 settimane, il chiamarmi 5-6 volte al giorno, il voler stare sempre e solo con me… In principio ho provato a farlo riflettere che fosse necessario si prendesse i suoi spazi con amici e altre persone e che per il buon funzionamento della relazione non era necessario essere così ‘vicini’, ma chiaramente la reazione è risultata essere quasi di offesa, come se lo stessi respingendolo. Dopo poco più di 2 mesi il brusco cambiamento: associato ad un generico senso di frustrazione e infelicità da parte sua, sono passata da essere la donna perfetta con cui voleva passare tutta la vita a frecciatine, mortificazioni e atteggiamenti scostanti per ferirmi: far finta che il compleanno non fosse importante e quindi non farmi neppure un pensiero, durante le giornate trascorse insieme (in montagna, essendo due appassionati) trovare sempre qualcosa che non andasse o di cui incolparmi, spesso minando la mia autostima (‘non sei brava’, ‘non sei in grado’, ‘non hai fatto questa cosa giusta’ etc), il ‘ti amo’ è letteralmente sparito dal suo dizionario, la pasta era troppo asciutta, l’asciugamano troppo piccolo, il bagno troppo freddo, il letto troppo caldo… insomma, una demolizione sistematica di ogni piccola cosa condivisa e, soprattutto, di me. Alle prime liti e ai miei tentativi di allontanamento sono seguiti pianti disperati e giustificazioni varie ed eventuali, ogni volta diverse: è colpa del lavoro che sono stressato, è perché non riesco a fare in montagna quello che voglio e quindi mi sento frustrato, è perché io non riesco ad avere a casa mia questo senso di serenità e simili, con una richiesta continua di riprovare e la promessa di volersi impegnare e comportare meglio nei miei confronti. E così tra una promessa e l’altra - mai mantenute - sono passati i mesi, con dinamiche che non hanno fatto che ripetersi all’infinito con un accrescersi della mia sofferenza e incapacità di uscire da questa situazione, sempre aggrappata alla speranza che ‘la prossima volta’ lui avrebbe cambiato atteggiamento. Dopo l’ennesimo episodio a settembre inizio finalmente ad ‘uscire da questa bolla’ e sopratutto a mettere in discussione quello che lui vuole farmi credere, cioè che tutto dipenda dal nostro rapporto di coppia. Basta fare due chiacchiere con conoscenze comuni per rendermi conto di aver scoperchiato il vaso di Pandora: ciò che io avevo gradualmente provato dopo i primi 2 mesi di idillio non era altro che ciò che avevano (ognuno tramite la propria esperienza e relazione con lui), vissuto tutti, con più o meno consapevolezza: per qualcuno era semplicemente una persona arrogante e un po’ ossessionata (dalla montagna), altri, con la vista un po’ più lunga, vedevano chiaramente una personalità problematica da cui allontanarsi alla svelta. Certe dinamiche di coppia hanno da questo momento iniziato ad essermi più chiare, così come le sue difficoltà relazionali (ad esempio il continuo turnover di persone a lui vicine), e ho provato a parlarne con lui. Alle prime aggressive resistenze all’idea che qualcosa potesse non andare (ho cercato di affrontare la cosa con la massima delicatezza perché lui si sentisse comunque assolutamente amato) è seguita l’accettazione di intraprendere un percorso con una psicologa, che tuttavia, ad oggi, non ha dato gli effetti sperati perché probabilmente la persona in questione non è stata messa nelle condizioni di capire chi veramente avesse davanti. Nel frattempo anche io ho iniziato individualmente un percorso con una psicologa per cercare di stare meglio rispetto a questa sofferenza e sono così emerse mie problematiche in relazione alla scelta di un partner di questo tipo (dovute a un ambiente familiare svalutante), così come appunto di trovarmi di fronte ad una personalità con dei problemi con tratti di disturbi della personalità (ovviamente la mia psicologa non si è permessa di effettuare diagnosi per conto terzi, ma ha rilevato come molteplici atteggiamenti suoi fossero riconducibili a disturbi borderline e, in parte, narcisistici). Attualmente la relazione è veramente al capolinea dopo le ennesime liti (e forse anche un tradimento da parte sua) e in lui sta diventando sempre più marcata l’ossessione per attività estreme (in montagna) vissute in maniera angosciante (“se non lo faccio ora magari poi morirò e non potrò farlo mai più”) e una certa mania di persecuzione nei miei confronti (come se io volessi fargli del male). Da pochi giorni sono riuscita con difficoltà a bloccare il suo numero sul cellulare, ma il mio livello di sofferenza è chiaramente altissimo, perché una parte di me si sente ancora legatissima a lui e, nonostante lui dica di stare benissimo, ‘sente’ profondamente anche la sua sofferenza, oltre ad un grande senso di impotenza nel rendermi conto di non poter fare nulla per lui (la mia psicologa ha definito il mio spingerlo ad andare da un professionista il più grande atto d’amore che potessi fare, anche se per ora non è servito, ma mi ha anche spronata ad accettare che purtroppo per una persona così ‘altro’ non sia possibile fare). Al di là delle sedute di terapia, che chiaramente mi danno un po’ di sollievo, purtroppo non riesco a trovare consolazione neppure nelle mie amiche, che da fuori, giustamente, sembrano non capire il tipo di coinvolgimento a cui si possa arrivare in questo tipo di relazioni e che semplicisticamente mi dicono “ti fa star male… lascialo!”.

Sara87

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