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La psicosi degli ORFANI

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Messaggio  BastaCosí Sab Nov 23, 2019 6:37 pm

Mi riferisco a quelle persone, borderline e non, che hanno sviluppato in tenera età un senso di vuoto alquanto bruciante, generato dal fatto che i genitori erano assenti o, più probabilmente, irreperibili emozionalmente. Sarebbe a dire, incapaci di rispondere con intelligenza alle richieste di attenzione e aiuto a quelli che erano i loro figli, ma che era anche una loro parte atrofizzata: purtroppo, la più autentica. Questo ha fatto sì che anche questi figli perdessero cognizione di chi fossero veramente, quale fosse il loro nocciolo nonché scopo esistenziale, condividendo con i propri padri, e soprattutto madri! Un'incapacità generale di relazionarsi con il proprio (giusto) bisogno di essere amati in modo incondizionato, dato che non avevano domandato di venire alla luce per mezzo di perfetti sconosciuti.
Una volta cresciuti, questi adolescenti e ventenni hanno sopperito in tal senso attraverso una costante ricerca di bellezza. Non una bellezza qualsiasi, non la bellezza che condiziona le masse, ma una specie di bellezza da angelo affamato. E queste persone hanno trovato ristoro edonistico in tutte quelle che sono le nicchie culturali, nel senso antisociale del termine.
Se in questo forum dovessero piombare persone che si interessano alla psicologia sociale, all'antropologia, vorrei che mi dessero lumi su questo argomento, o comunque si interessino in qualche modo a questo fenomeno dilagante; dato che io, con il mio disturbo e la mia confusione interna, al momento non sono in grado di portare a termine un percorso universitario, anche se riuscirci è un mio sogno.

Sono una borderline "pentita", e non perdo l'occasione per demotivare tutti quelli che vorrebbero recuperare il rapporto con il proprio/la propria partner borderline: i vostri tentativi di riavvicinamento provocano in noi violente proiezioni e meccanismi di difesa che ci portano a maltrattarvi gratis. Sappiamo che questo vi fa' tenerezza e rincariamo la dose, perché da una parte non vogliamo soffrire, mentre dall'altra abbiamo bisogno dell'amore che non siamo in grado di dare a noi stessi, dato che viviamo con un costante senso di catastrofe imminente, provocato dalla sensazione di essere inadeguati e insignificanti. Non siamo capaci di stare in compagnia di noi stessi, perché il nostro dialogo interiore lavora per la nostra (e vostra) distruzione.
Abbiamo un iper funzionamento delle aree predisposte alle emozioni, e non potete ottenere da noi un comportamento razionale, anche se ci sforziamo da morire per attuarlo!

Di recente ho ritrovato un audio risalente al 1998 dove ci siamo io, mia madre e mio fratello. Speravo di ritrovare la mia essenza, ma ho invece avuto l'impressione, assolutamente agghiacciante, che all'età di 8 anni avessi già cominciato a recitare personaggi, a indossare pelli. I dialoghi sembrano quelli di una soap opera! Assecondavo e alimentavo lo show, necessario a mandare avanti la baracca. Ricordo infatti che, un paio d'anni prima, avevo sognato la seguente scena: ogni persona era una sagoma piatta di cartone che ritraeva un pagliaccio, che interagiva con altre sagome di pagliacci.
Avevo anche sognato un'altra cosa terrificante, che consisteva
Insomma, avete capito dove voglio arrivare: la mia generazione è stata allevata da una manica di ipocriti salsicciari, frequentatori di pallosissime cene tra parenti e amici ex capelloni. Questi sono gli stessi che adesso si lamentano dei familiari borderline. Gente che si è imborghesita di brutto dopo il primogenito, per intenderci. Mia madre era una specie di donna di porcellana, ligia e innocente (e con una ferita narcisistica grande come il Gran Canyon) che noi figli ci litigavamo ammazzandoci di botte. Ci aveva fatto nascere per cesareo, ed aveva avversione e rifiuto verso la sessualità. Anche su questo vorrei che venissero fatti studi più approfonditi, perché un figlio che non nasce naturalmente e perlopiù viene lasciato da solo per 10 ore, non è qualcosa di salubre alla psiche del neonato e della madre stessa, che non ha vissuto consciamente l'importante processo del parto.
Per carità, ha fatto tutto il possibile, ma solo dopo una dolorosa recisione del nostro legame principale, sono riuscita a perdonare i traumi che mi ha causato con la sua inconsapevolezza.

Insomma, la presenza del benessere materiale non ha cancellato la necessità inalienabile di essere compresi e accettati nella propria nuda essenza, anzi, l'ha accentuata. Una miseria umana che ha la stessa faccia emaciata e coi denti storti della fame vera, dell'ottocento, della peste! Una peste esistenziale, stavolta, e quindi inafferrabile... subdola.
E' proprio sulla base di questo concetto che poi nasce quella che è la psicosi dell'orfano, dell'adolescente psicologicamente abbandonato a se stesso tra facilonerie e aspettative eccessive, imperfetto e chiassoso in un mondo confezionato; un eroe di se stesso che perde giorno per giorno lo scopo della sua missione e, avvolto da un'aura di maledettismo, si ritrova a fare esperienze forti anche suo malgrado, e restandoci tragicamente sotto.

Quando leggo i familiari dei border che si lamentano, intravedo spesso una curiosa attitudine alla tragedia, ma in diversi appaiono anche emozionalmente zoppi. Ho l'impressione che vivano senza comprendere quello che succede dentro l'altro, e non si rendono conto che forse sono proprio loro ad averlo creato.
Mi fermo qui, dato che l'ho sparata grossa, anche se solo bidimensionalmente parlando.

BastaCosí

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