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vorrei farci tornare

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Messaggio  Dianaz Ven Apr 15, 2016 5:11 pm

Riprendo il tema perche' mi son sentita che hai bisogno di aiuto. Ti capisco e ci siamo passati tutti qui. Anch'io non ne sono del tutto fuori ma ero sposata prima e non sono follemente innamorata del border. Leggi se puoi il mio post Chasing cars. Il problema e' un diverso funzionamento relazionale.
Non e' diversita' di carattere o di sensibilita'. Questo e' qualcosa di irrimediabile. Punto. Resta la fuga o meglio: la VITA. Lavoriamo su noi stessi. Io ho amici e amiche che manderebbero dritti a cag.... personaggi cosi'. Anche tu credo ne conoscerai. Prendi esempio...scommetto che sono amici sorridenti soddisfatti magari con figli. Via...via...via

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Messaggio  Dianaz Ven Apr 15, 2016 2:06 pm

Errata corrige: ho potuto intuire

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Messaggio  Dianaz Ven Apr 15, 2016 2:05 pm

Nohope complimenti per aver compiuto la missione lettura da me sospesa..forse anche per il disgusto verso il personaggio descritto che e' cmq potuto intuire dalla prima parte del testo. Quante vittime di soggetti biechi o malati....mah...il rispetto di se' andrebbe insegnato a scuola...attendiamo news dalla ns scrittrice in difficolta'. Diffidare sempre da chi ha il mito di un/a ex...

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Messaggio  nohope Ven Apr 15, 2016 11:10 am

Allucinante...non il fatto che ho letto tutto, o forse anche quello, ma che, dando per vera la tua storia, possano esistere persone che si rovinano la vita per certi elementi.Questo affascinante e interessantissimo ragazzo, questo poeta dannato, questo Casanova di periferia, é soltanto un furbetto che cerca, e trova, persone fragili che si fanno manipolare e rovinare l'esistenza.Capisco che per amore si accettano cose impensabili, anch'io l'ho fatto e me ne pento, peró sapendo prima che elemento é, che ha già rovinato altre donne, come si può accettare di diventare la prossima vittima...e dopo mille umiliazioni continuare a sperare...in pratica secondo il mio modestissimo parere, tu sei quella con problemi psicologici, mentre lui è solo furbo e abbastanza figlio di buona donna da prendere e ribaltare le vittime dei suoi trucchetti...io ascolterei i consigli degli amici...

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Messaggio  Dianaz Ven Apr 15, 2016 9:20 am

Ciao ho iniziato a leggere ma francamente hai scritto un romanzo. E' impossibile. Io scrivo per lavoro: la sintesi ti aiuta a far chiarezza. Per te stessa prova a chiarire un po' le idee e torna da noi. Lo dico con benevolenza

Dianaz

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Messaggio  reba Ven Apr 15, 2016 2:07 am

Salve a tutti,
vorrei raccontare la mia esperienza, che attualmente sto vivendo, e chiedere qualche consiglio. Sono mesi che leggo di esperienze altrui in vari siti e forum, e credo sia venuto il momento di chiedere consiglio a chi potrebbe trovarsi nella mia stessa situazione. Premetto che, nonostante il dolore e l'angoscia, sono davvero, ancora e comunque, molto innamorata della persona in questione, la quale, credo, soffra di un disturbo borderline di personalità. Perdonate la lunghezza, e grazie in anticipo anche solo per la lettura.
L'ho conosciuto quasi dieci anni fa, avevamo circa 16 anni, e lui è sempre stato un “personaggio”. Un “matto”, un genio, un poeta, uno “strano” ma incredibilmente affascinante. Dopo averlo conosciuto, è nata un'amicizia di anni, durante la quale ci vedevamo abbastanza spesso (avevamo una compagnia di amici in comune), lui mi ha sempre fatto ridere e l'ho sempre trovato incredibile, anche se un po' immaturo. Negli anni, molto spesso si confidava con me, anche se c'è dire che si confidava un po' con chiunque, ovvero non aveva mai difficoltà a parlare dei fatti propri con le persone, mostrandosi però sempre come “vittima”: mi parlava della sua prima ex, che anche io conoscevo, descrivendola a volte come una persona insopportabile, asfissiante, diceva che con lei non stava bene, o addirittura si vantava di averla lasciata, mi diceva “Finalmente sono libero”, poi però spariva per qualche tempo, ovvero il tempo in cui tornava con lei e dedicava la sua esistenza solo a quest'ultima. Per lasciarsi, e ritrovarsi di nuovo. Da amica, a me queste cose parevano “strane”, soprattutto perché, conoscendo la sua ragazza, avevo intravisto un gran cambiamento in lei: da solare e piena di vita, a perennemente triste, scontrosa, per poi passare ad essere spavalda e ubriaca quando lui lasciava, ma in modo artificioso a forzato. Dopo un po', lei era “impazzita”, esaurita, ma a sentire lui, la colpa era tutta sua, di lei. Mi diceva che lui in una relazione non ci voleva stare, che sì, la amava, eppure, non avendo percezione di sé, non riusciva neanche ad avere percezione dell'”altra”, dell'amore, e sentiva che i rapporti umani lo opprimevano. Io ricordo che pensavo sempre “Povera lei, chissà quanto soffre”, ma ovviamente mai avrei potuto immaginare davvero la portata di quella sofferenza. Andò a finire che lui “si fece lasciare” con un ennesimo tradimento e lei, esasperata, si rifece una vita. Dopo pochissimo, lui già si frequentava con un'altra, una che stavolta forse odiava addirittura di più, non faceva che lamentarsene, e dunque io gli dicevo sempre “Ma allora cosa ci fai con lei, me lo spieghi?” e lui rispondeva “Io non sto CON lei, lei non è la mia ragazza, non è nulla!”. Negazione totale. Anche questa ragazza finì per impazzire, di nuovo la solita scenetta di lui che si proclama “Libero, finalmente!” agli occhi del mondo e lei che soffre, parlandone anche con me, un giorno, poiché pensava che magari, essendo amica di lui, avrei potuto consigliarla, eppure io non sapevo davvero cosa dire, mi sembrava così assurdo che una ragazza potesse soffrire tanto per un uomo così immaturo e superficiale, seppure avesse qualità incredibili. Finita questa, continuò a passare da una donna all'altra, ne ebbe una molto importante, “l'amore della sua vita”, e lei era una donna fredda, distaccata, che lo metteva alle strette, cosa di cui lui era felice poiché quello che non sopportava era la “donna zerbino”, l'amore totale. Anche questa storia però finì: lui, di nuovo, fece esasperare la sua compagna con continua instabilità, anche tradimenti, allontanamenti e lei, da fredda e distaccata, cominciò a soffrire, a diventare vulnerabile finchè, con grande orgoglio (e per questo davvero, la ammiro), chiuse la storia dopo un'infinità di cattiverie subite. Stavolta però lui non fece la scenetta dell'uomo finalmente libero, stavolta pareva sofferente: la amavo davvero, mi diceva, ma mi sono forse troppo innamorato dell'idea di amore, l'ho bramata troppo, non amavo lei “in sè” ma la possibilità di avere un rapporto di squadra.
Questo era quasi due anni fa. Nel periodo in cui lui si lasciò con la sua ex, io chiusi la mia relazione con il mio compagno, dopo cinque anni, senza rancori, senza dolore, poiché entrambi non eravamo più stimolati ad amarci. Così, per scherzo, una sera io e lui, mentre parlavamo, finimmo a baciarci, e poi facemmo sesso, ma il tutto sempre molto leggero, ridevamo, ci scherzavamo su. Dopo quel giorno, lui mi cercò: bè, non era insolito dato che eravamo stati sempre amici, ma stavolta voleva stare CON ME, e quindi passammo giorni insieme, parlavamo di poesia, di politica, facevamo l'amore, dormivamo insieme, ma io evitavo ad ogni costo di parlare di “noi” perché conoscendolo sapevo che ciò lo avrebbe fatto, come dire, “inquietare”. Una volta sola, dal nulla mi guardò e mi disse “Per favore puoi andartene adesso? Vorrei stare solo.”, non mi sembrò nulla di strano e me ne andai, anche se però ricordo che pensai “Bo, stavamo parlando tranquillamente, chissà che gli è preso.”. Dopo circa due settimane, lui partì per un viaggio da solo nell'est europa, che avrebbe dovuto durare mesi, ma in realtà stette via neanche un mese: quando partì, mi ricordo che pensai “Mi mancherà, mi mancherà vedere il mondo con i suoi occhi”. Nulla di più di questo.
A settembre tornò, mi disse che in viaggio aveva ritrovato l'amore per la sua ex, che era pronto a tutto pur di riconquistarla, e io lo spronai, ero davvero contenta che il viaggio gli avesse fatto bene, in fondo non ero affatto né innamorata né altro. La sua ex però, dopo pochi giorni, chiuse tutto, poiché scoprì che lui, nei mesi in cui non stavano insieme, era stato con la sua coinquilina (cosa che io sapevo): arrivò a mettergli le mani addosso, gli ruppe le bici, e poi sparì per sempre, cambiò vita e città. Lui ne era distrutto inizialmente, dunque passava molto tempo con me; fu in quel momento che comincia a capire la sua difficoltà nel gestire anche i rapporti di amicizia: fondamentalmente, in quel momento stava con me anche perché era “solo”, cioè, non avendo mai curato i legami con le persone a cui teneva, non era in grado di avere “amici stabili”, nonostante fosse amico di quasi tutti.; pensai che forse era in grado di legarsi davvero a qualcuno soltanto per un breve periodo, nel quale idealizzava l'amico o la donna in questione ma, dopo un po', se ne distaccava, forse non più stimolato, credevo.
Un giorno, eravamo a casa mia, mi baciò, e poi facemmo l'amore, ma quella volta fu diverso, poiché mi fece capire che davvero mi voleva, mi desiderava, e a me ciò fece molto piacere, iniziai a provare qualcosa, ad amare il modo in cui mi vedeva e vedeva il mondo. Da quel momento, iniziò questo periodo di più di un anno, che arriva fino ad ora, e mai, mai avrei immaginato una tale situazione. Il primo mese fu splendido, sempre insieme, sempre a parlare, a fare l'amore, io completamente sprovveduta che neanche sapevo cosa stavo facendo, e lui che mi guidava verso un tipo di interiorità che mai avevo conosciuto prima, ero per lui bellissima, incredibile, acuta, bambina innamorata della vita, iniziai a capire come potevano tutte le sue ex amarlo in quel modo. Lui viveva di emozioni e trascinava in un abisso di pensieri, parole, baci, carezze, fiori, alberi, il tutto a un ritmo velocissimo, e io assuefatta. Dopo due settimane, sentivo che era irrinunciabile. Ma sapevo che forse stavo andando incontro ad una catastrofe, infatti moto spesso mi parlava delle sue ex, sottolineandone quasi solo i difetti; a volte mi attaccava su punti deboli, diceva che ero troppo insicura, troppo superficiale, che nella vita avevo studiato e letto tanto ma non avevo mai colto la sostanza di nulla, che ero come tutti cioè vuota e impantanata nella mediocrità, mentre lui si sentiva alienato e “sopra” la coltre in cui “noi” ristagnavamo. Lo diceva senza cattiverie, senza arrabbiarsi, ma comunque mi incuteva timore, mi parevano cose davvero molto personali sui cui dare giudizi così ferrati (nonostante la confidenza). Poi, dopo un mese, per nulla, una cavolata, una parola sbagliata che gli avevo detto, lui si infuriò e mi cacciò di casa. Mai nella vita ero stata cacciata di casa, mi sembrò una cosa assurda, mi insultò, disse che ero una persona inaffidabile, bugiarda, manipolatrice, superficiale, stupida, e che lui non poteva “sporcarsi” con me in questo modo, che era finito tutto, che lui detestava sé stesso per essere stato con me. Io ovviamente dovetti andarmene, ma davvero mi mortificò, provai a calmarlo, a cercare di parlare, ma risultai solo vile e sottomessa (così dice lui), e quindi me ne andai in lacrime. Furono due o tre giorni davvero nel caos: non capivo, non mi rendevo conto, cosa stava succedendo, perché aveva fatto così? Dove sarà ora? Forse mi stavo affezionando troppo?Forse sono davvero una persona inaffidabile, eccetera? Si fece risentire, e volle parlare: mi disse pacatamente, che lui in una relazione non ci voleva e non ci poteva stare, era troppo faticoso e detestava sé stesso innamorato, e quindi addio, a mai più. Io provai a restare fredda, ma mi fece malissimo. Me ne andai piangendo, dopo poche ore mi chiamo, ci vedemmo, quasi scherzando mi baciò, passando dalla confusione alla voglia di stare con me, e ricominciò tutto come prima. In realtà, sempre un po' peggio, nel senso che i momenti idilliaci diminuivano, ed aumentavano le critiche nei miei confronti, verso tutto, davvero tutto, dalle amiche, ai gusti, alla “vita piatta che conducevo”, tutto. Già qui, molte persone si sarebbero tirate fuori, ma io ostinatamente continuavo questa storia assurda in cui ero totalmente succube e quasi priva di dignità, dietro ad ogni suo schizzo o paranoia, sentendomi anche dire che non voleva stare con me, che mi detestava, che detestava anche il mio stare con lui perché indice di viltà estrema. Poi gli passava per qualche giorno, stavamo bene, poi di nuovo la rabbia. Mi bloccava su facebook, non rispondeva ai miei messaggi e io, invece che dire a me stessa “Ma no, così proprio no, basta dai”, mi disperavo cercando di far tornare le cose come prima, vivendo un sogno di follia d'amore che, a quanto diceva lui, provavo solo io. Lui non mi amava, questo me lo diceva anche quando stavamo “bene”: era affezzionato sì, ma non provava amore e mai l'avrebbe provato. Risuonavano nella mia mente tutti i suoi discorsi fatti quando eravamo amici, riguardo alle sue ex, ma neanche questo bastava a farmi desistere. A volte mi diceva “Stai vivendo un' illusione, stai lottando contro i mulini a vento, io sono una dannazione, non avresti mai dovuto innamorarti di me”. Non uscivamo quasi mai insieme (nonostante avessimo tantissimi amici in comune), lui passò l'inverno chiuso in casa, uscì solo una sera in cui aveva “chiuso” con me, io invece cercavo di mantenere i rapporti con l'esterno, di vedere le mie amiche, uscire, fare cose, ma con lui era impossibile, dopo un po' ero risucchiata, nel male e nel bene: quando andava tutto bene, ero sempre con lui, quando lui chiudeva, piombavo e piombo in una totale tristezza, ansia, angoscia, dolore, uscivo di rado (costretta dalle amiche le quali – lo conoscono – hanno sempre odiato questo rapporto sin dall'inizio, cercando però sempre di validare il mio attaccamento e il mio amore per lui, cioè non dicendo mai cose tipo “Ma tu sei matta a stare con quello lascia stare”). Durò così, da novembre ad aprile. Eterna instabilità, rifiuto, ritorno, io che spesso lo tempestavo di chiamate e messaggi, lui che mi bloccava, poi mi rispondeva, poi tornavamo, e parlavamo tanto di lui, di noi, ma le critiche verso di me erano continue. A marzo lui si laureò (la tesi la facemmo quasi insieme, è un ricordo di un periodo davvero bellissimo) ma prima di laurearsi, trovò un modo assurdo per litigare e chiudere tutto per l'ennesima volta: si arrabbiò per una sciocchezza incredibile, non mi parlò per settimane, io ovviamente disperata, e quando tornò la situazione era davvero terribile. Mi trattava malissimo, diceva che ero la sua rovina, che mi voleva fuori dalla sua vita, che ero un cancro, che alla prima occasione sarebbe stato con un'altra, che non gli fregava nulla di me; e io, vilmente, dietro a tutto: me ne rendevo conto, che per quanto quei momenti fossero stati belli, ora la realtà era questa, e faceva schifo, ma insistevo, continuavo. Qualche volta gli capitati sotto casa perché non mi rispondeva, lui si arrabbiò da morire, diventò violento, e io che cercavo sempre di parlare, di capire. Questo devo ammetterlo, probabilmente non ho mai rispettato in pieno i suoi silenzi e le sue fasi di distacco: piena di paranoie, gli ho sempre scritto, l'ho sempre cercato, anche quando mi rispondeva con insulti. Verso aprile, decise che a giugno sarebbe partito per un viaggio in autostop, e avrebbe raggiunto un suo amico: voleva stare via tre mesi, così, diceva, finalmente si sarebbe liberato di me. Mi trattava sempre peggio, una sere baciò un'altra davanti a me e andò a casa sua fecero sesso, mi raccontò tutto il giorno dopo, neanche pentito, anzi quasi arrabbiato perché io ci ero rimasta male, avrei dovuto non prendermela, era normale, non avevamo vincoli e quindi lui poteva fare quello che voleva e io zitta, perché non ero nulla, non contavo nulla. Lì davvero mi sentii morire, e tutti i miei – nostri amici ripugnati dalla situazione, tutti a dirmi “Ma perché ci stai ancora dietro?” e io distrutta. Ho toccato il fondo, credo, cercando di stare con lui in quel periodo. Quando arrivò maggio, mi sentivo morire dentro all'idea che sarebbe partito: anche se andava da schifo ed era una continua e totale mancanza di rispetto, io lo volevo con me, volevo poter insistere; prima di partire, mi propose due giorno in tenda lungo il fiume solo io e lui, e io felicissima andai, ma non facevo che piangere, e lui mi faceva stare tranquilla, era molto dolce e anche dispiaciuto, mi diceva “Forse mi mancherai più di quanto avrei creduto”. I due giorni in tenda diventarono quattro, cinque, sei, anche lui pareva non voler partire, a volte sembrava pronto a dire “Resto qui” o “parti con me”, ma appena se ne rendeva conto distruggeva questo pensiero dicendo “Non mi frega niente e sei una vile schifosa a farmi pressioni per non partire, invece che lasciarmi andare”. Io c'è da dire che vere pressioni non ne feci mai, ero solo molto triste. Dopo una settimana, partì, senza grandi saluti, anzi quasi freddo, e mi disse “Spero di non rivederti mai più”. Fu la disperazione. La mia vita sembrava ancora una volta di più, priva di senso, destinata al dolore, alla tristezza. Avevo idee matte, seguirlo, raggiungerlo senza il suo consenso, mai e poi mai mi balenava l'idea “Me ne voglio tirare fuori”. Il giorno stesso mi scrisse la notte una gran bel messaggio, mi disse “Spero tu ora stia sorridendo perché il tuo sorriso appartiene al mondo e mai avrei voluto bruciarlo”. Il giorno dopo mi chiamò e restammo al telefono più di un'ora: diceva che forse stava sbagliando, ma che il viaggio gli stava facendo bene, gli stava ricordando il contato con le cose, compreso con il dolore che mi aveva provocato, e che di sicuro ci saremmo visti fra qualche mese, che ero importante, e io felicissima, quasi non mi pesava più il suo viaggio, anzi mi appariva “utile”. Il secondo giorno tornò indietro facendomi una sorpresa, e mi disse “Partiamo insieme”. Lì davvero mi sentì di nuovo morire, ma morire di amore, di speranza, di gioia, di serenità: io e lui in viaggio in autostop per chissà quanto, chissà dove, io e lui davvero in squadra. Feci lo zaino in un pomeriggio, salutai le amiche (preoccupate ma felici), i miei genitori, non pensai minimamente all'università (facevo la magistrale, ultimo anno) e via, siamo partiti. Siamo stati via due mesi in totale. Il primo mese, perfetto, abbiamo conosciuto tantissime persone, ci siamo arrangiati, abbiamo toccato profondità e sensi del viaggio come mai prima, ogni notte dormivamo in spiaggia, spendevamo pochissimo, in molto ci ospitarono, eravamo una coppia, una squadra. Le sue critiche erano poche, ora eravamo in una sorta di equilibrio. Poi arrivammo da questo suo amico (una persona davvero molto intelligente e sensibile): lì tutto cambiò, lui iniziò a sentirsi in gabbia, vedeva altre ragazze e mi urlava “io non ti voglio qui, io vorrei essere libero di andare con chi voglio e non posso perché ci sei tu in mezzo alle palle, vattene, non ti voglio”. Pretese di continuare il viaggio da solo, e io dovevo andarmene, dovevo obbedire e lasciarlo andare via, perché si era stufato, aveva totalmente scordato i giorni prima, la stabilità, la libertà mia e sua, la serenità. Una mattina lungo la tangenziale, mentre riempivo una bottiglia d'acqua, mi abbandonò. Si mise a correre e trovò un passaggio, io non me ne accorsi, quando tornai trovai solo il mio zaino: se ne era andato via, e io ero sola. Sola in mezzo alla strada. Dopo aver pianto ore, cercai di tornare dal suo amico, unico appoggio, disperata: non avevo idea di cosa fare e lo strazio dell'abbandono, così meschino, così cattivo, mi faceva malissimo. Verso sera lui inizò a chiamare, io non risposi, poi cedetti, si scusò, disse di voler rimediare, di voler continuare insieme, che era stato cattivo. L'indomani lo raggiunsi, ma prima di partire il suo amico, che mi aveva accolto, consolato ed ospitato, mi disse che la mia vita con lui sarebbe sempre stata destinata alla sofferenza, poiché egli non è in grado di non essere distruttivo ed autodistruttivo. Io l'ho sempre saputo, o forse, lo so, ma ovviamente cerco di combattere questa distruzione a tutti i costi. Ci ritrovammo, e viaggiamo verso l'italia, altre tre settimane: il clima era ora buono, ora pessimo, ora stupendo. Mi diceva spesso che io avrei dovuto mettermela via, sparire, dimenticarlo, che gli stavo rovinando la vita, che non mi voleva, e io imperterrita, continuavo, cercando sempre di riportare tutto alla serenità dei giorni precedenti, di quelli precedenti ancora, e di quelli ancora prima. Piangevo sempre di più, sentivo che mi stava totalmente mancando di rispetto, che mi sminuiva. Arrivammo in italia a fine agosto, passammo qualche giorno “insieme”, poi lui chiuse definitivamente tutto. Bloccata ovunque, liquidata, addio, basta, mi hai rotto, non voglio stare con te, sei una persona insopportabile, ti odio. E io che cercavo di dire lui “Ma sei tornato indietro per portarmi in viaggio con te, ma come può non significare nulla?”, e lui freddo, superficiale, diceva “è stato uno sbaglio enorme e basta, io non ti sopporto, hai rovinato il viaggio, l'hai resa un'esperienza piatta e vuota, vuota come te”. Io cercai di insistere per qualche giorno, ma lui fu spietato, scenate se provavo ad avvicinarmi, urla, mi fece addirittura litigare con le mie amiche, rispondeva miei sms solo con insulti. Io provai a staccarmi, ma, davvero, fu una sofferenza atroce, si acutizzò l'ansia, l'angoscia, la disperazione, il tutto sommato alla confusione dal rientro dopo un viaggio insieme, la città mi pareva vuota ed inutile, le amiche e le cose che da fare noiose e banali, lui mi mancava da morire. In preda a ogni disperazioni mille pensieri affollavano la mia mente: forse era vero che ero una persona piatta, inutile, che senza di lui o senza un uomo non so stare. Eppure, mi dicevo, anche lui ha passato tutta la vita sempre e solo con donne, anche se ne parlava male e con disprezzo: è lui, forse, che senza una donna non sa stare, ma allora perché chiude tutto così? Forse proprio perché si rende conto della dipendenza da un'altra persona? E io, io sono davvero così inutile e insopportabile? Sono davvero stupida? In realtà sapevo e ho sempre saputo di non essere così disastrosa come lui diceva: certo, ho di sicuro un problema nei suoi riguardi, nel senso che mi sono attaccata troppo, e i momenti in cui spariva li ho sempre vissuti come una lama sul collo, eppure, davvero, non credo che tutto il resto del mondo sia davvero così stoico e forte da dire “Ah, io me ne sarei scappata subito, quello è matto”. Quando si tratta di sentimenti, è ovvio che la razionalità e l'obiettività scompaiono, figurarsi se si parla di sentimenti fortemente saldi proiettati verso una persona fortemente instabile: è proprio questa sua altalena a massimizzare sempre i momenti positivi, poiché paiono frutto di una lotta perenne. Eppure, era stato lui a cercare questo legame così simbiotico: quando andava tutto bene, mi riempiva di sms, messaggi su facebook, ogni volta che uscivo e lui restava a casa mi scriveva di continuo, poi chiamate, ma anche per dire sciocchezze, e poesie, tante tante poesie: è sempre stato bravo a scrivere, ma credo che con me e per me abbia scritto le cose più belle , e davvero non lo dico perché sono ”di parte”, ma trovo davvero che le cose che riesce a dire siano dolcissime e increspate di alienazione e nichilismo, quasi come se sentisse di vivere in una bolla non sapesse se e quando uscirne. Quindi, distrutta, mollai l'università, a pochi esami dalla laurea, e iniziai a fare piani: scappare, andare via, ma andarmene sarà solo andare a piangere in un altro posto? Cosa devo fare? E lui, dove sarà, cosa farà, come è possibile che non gli manco? Passò un mese circa, un mese tremendo. Conobbi un ragazzo simpatico, che mi trovava stupenda e interessantissima, io, un po' per “disperazione” un po' perché comunque questo ragazzo era a suo modo particolare e piacevole, iniziai a vederlo. Gli parlavo sempre di lui, gli raccontavo tutto, e lui mi ascoltava, senza mai dare giudizi morali, e mi valorizzava, diceva che la parte peggiore era l'essermi fatta sminuire in quel modo. Provammo a fare sesso, all'inizio fu un'esperienza tremenda, io mi bloccai, mai m'era successo prima, e furono lacrime, e lui fu molto carino, mai una volta si arrabbiò, e di certo non stava mirando a chissà che, anzi aveva perfettamente capito che tra noi altro non ci sarebbe stato che una cosa frivola, seppur profonda e sincera nella scelta degli argomenti (anche lui mi parlava della sua ex, di cui credo fosse ancora molto preso). Una sera io e questo ragazzo eravamo a una festa, un po' ubriachi, e lui mi baciò davanti a tutti, anche davanti a lui: io m sentì quasi in imbarazzo, sapevo che la gelosia era un tasto dolente (come praticamente tutto, in realtà). Lui era di natura molo geloso, ma odiava sé stesso geloso, gli sembrava una retaggio patriarcale da combattere e quindi faceva l'indifferente, anzi diceva sempre “Non mi interessa, che faccia quello che vuole”, e ovviamente non ebbe alcuna reazione, ma ricordò che restò, da solo fino al mattino a quella festa, quasi come se volesse guardare quello che facevo, ma senza mai parlarmi. Il giorno dopo, sapevo, sarebbe partito per l'estero, dove sarebbe stato un mese, cioè tutto il mese di novembre, per fare un corso di inglese. Quando partì, io mi dissi che forse potevo provare, a tirarmi fuori, certo avrei comunque pensato sempre a lui in ogni momento, ma magari potevo davvero provare, in fondo lui non mi amava e mai mi avrebbe amato, l'aveva urlato al mondo, mi detestava, diceva in giro che aveva “Debellato il mostro” e che era libero, e quindi ma ci sarebbe stato futuro. Fu un mese tranquillo, io mi vedevo spesso con l'altro ragazzo, le mie amiche felicissime della cosa, uscivo di più, andavo alle feste, facevo cose e, soprattutto, trovai lavoro come insegnante in una scuola di lingue, con contratto fino a maggio: pensai ok, un anno qui posso resistere, magari chissà come vanno le cose, e quando arriva maggio posso andarmene. Lui nel frattempo iniziò a scrivermi: all'inizio cose stupide, mezzi insulti e mezze prese in giro, io non gli rispondevo o lo sbeffeggiavo; lui continuava, “Deve essere solo e si annoia”, pensai, ma continuava, iniziò a dirmi che quando tornava voleva rivedermi, ma solo per fare sesso, che era l'unica cosa che andava bene tra noi, il sesso. Io lo ignoravo, provavo ad andare avanti con le mie cose, ma dentro ero nel caos; tornò in italia dopo un mese, l'unico mese in cui io stavo cercando di respirare: la sera del ritorno mi mando 15 messaggi, voleva vedermi a tutti i costi, e io non cedetti, non risposi neanche a uno. Pensai, tanto domani già ha cambiato idea. Il giorno dopo, messaggi, chiamate, e i toni erano cambiati, pareva non volere più solo sesso, ma parlare, vedermi, dirmi cose. Io non cedetti, continuò anche il terzo giorno e a quel punto ci vedemmo: dissi sempre tutto all'altro ragazzo (non era di certo una relazione seria, eravamo entrambi d'accordo sull' “ognuno a modo suo”), che mi disse “stai solo attenta a non farti sminuire perché tu vali tantissimo”. Pianse, mi disse che tutto quell'odio di settembre e dell'intero anno precedente era solo per nascondere a sé stesso che forse sì, era innamorato, ma in ogni modo voleva negare l'amore, poiché si detesta innamorato, detesta essere “in due”, ed è per questo che ha attuato quella distruzione massiva. Disse che non pensava davvero le cose che mi aveva detto, che mi riteneva forse la persona più intelligente con cui mai fosse entrato in contatto, quella che meglio l'ha conosciuto e saputo amarlo. Io cedetti ancora e sempre, mi baciò, andammo a casa su, facemmo l'amore mille volte, lo guardai, e per la prima volta dopo un anni gli dissi “Ti amo”. Si paralizzò, pensai ora mi caccia, ho fatto male ci sono cascata per nulla, invece lui fu dolcissimo, mi parlò di lui, ancora una volta, e di quanto aveva lottato per distruggermi, ma ora sentiva che aveva sbagliato. Voleva rimediare a tutto, ad ogni costo. Seguirono giorni in cui mi tempestava di messaggi, chiamate, ci vedevamo, seppe che mi ero vista con un altro (che conosceva) ed ebbe anche attacchi di gelosia, per i quali si detestò, ma mai fu cattivo con me, dopo qualche settimana, ci vedevamo tutti i giorni, e disse che voleva provarci sul serio stavolta: una relazione vera, compagni, una squadra, rispetto. Ricordo il suo primo “Ti amo” e le mie lacrime, la paura, ma sembrava tutto così diverso ora, voleva esserci, voleva valorizzarmi, ero io quella che avrebbe potuto trovare la sua chiave, farlo uscire da quella bolla. E così a metà dicembre iniziammo la nostra vera “relazione”, una vera coppia. Promesse d amore come mai prima, progetti, programmi, lui era sempre presente in tutto, voleva starmi accanto nel dolore, nella gelosia (io ero gelosissima delle donne con cui era stato: tra settembre e novembre, mi disse, era stato con quattro donne, senza mai provare nulla, a quanto diceva). Iniziammo ad uscire insieme sempre, lui era pieno di attenzioni, continuava a scusarsi, era di nuovo un paradiso, e stavolta non parlava solo di lui ma anche e soprattutto di me e di noi, diceva che non era l'idea di amore e spingerlo ma io, io con le mie specifiche qualità, io che avevo resistito e lottato per noi, io che ero davvero presente nella sua vita come nessuno mai prima. Andava tutto bene, facevamo tante cose, andavamo in montagna, cucinavamo, leggevamo, uscivamo con gli amici, era sempre una sorpresa, un regalo fatto con le sue mani, mai una litigata e tutte le volte che sentiva di iniziare ad arrabbiarsi per sciocchezze, si tratteneva. Iniziò a dirmi che forse avrebbe voluto iniziare ad andare da un terapeuta. Curò tutte le miei paure e i miei traumi dati dall'anno precedente, fece di tutto per farmi fidare di lui, mi rese vulnerabile, e io, da inizialmente fredda e semi-distaccata, tornai a fiondarmi tra le sue braccia e i suoi pensieri, e lui tornò a farmi vedere me stessa e il mondo attraverso i suoi occhi sognanti e innamorati. Spesso mi diceva di fermarlo, se avesse provato a rovinare tutto, mi lasciava impormi, si sottometteva, mi diceva che era fiero di me, ora non ero più vile e meschina ma forte e bellissima ai suoi occhi. Io cominciai a pensare che forse davvero questa volta non c'era pericolo, e che magari saremmo partiti insieme, voleva dei figli, voleva viaggiare, voleva amarci. Passarono neanche tre mesi, stabili e pieni di cose, ma pieni davvero, di attenzioni, di chiacchierate mature, stavamo crescendo come coppia e come persone; all'inizio di marzo, da un momento all'altro, ha chiuso tutto, tutto. Da qualche giorno pareva un po' più distaccato del solito, più freddo, ma non si arrabbiava, poi una sera, dal nulla, io provai a baciarlo e si infuriò, mi disse “Vattene, io non ti voglio, non ti amo, davvero non ti voglio”, e mi cacciò di casa, io disperata, provai a restare ma si arrabbiò ancora di più. Lo tempestai di chiamate,messaggi, ma niente, basta, non ti amo, mi ignorava, non mi rispondeva; ci rivedemmo qualche giorno dopo, mi disse che era finita, che ci aveva provato ma in una relazione non ci stava bene, disse che i tre mesi erano andati malissimo (ma non è assolutamente vero!), che io ero noiosa, priva di stimoli, che lo opprimevo (ma non è affatto vero), che aveva fatto un errore a tornare a da me, e io a ricordargli delle promesse fatte ma lui, cinicamente, le liquidava, dicendo che erano illusioni, che stava recitando la parte dell'innamorato. E quindi, dicevo io, anche ora forse stai recitando la parte di quello che vuole chiudere, ma lui diceva no, stavolta sono sicuro, e io “Come puoi passare nel giro di pochi giorni dal ti amo al vattene?”, e lui a dire che non era così, che erano stati giorni orribili ,che non stava bene, che da solo era meglio. Ci siamo visti in modo schizzofrenico per giorni: lui passava le giornate chissà dove, in montagna, con gente che neanche conoscevo, io lo chiamavo mille volte e mi rispondeva solo la sera, contrariato, mi diceva “piantala, mi hai rotto, basta”. Ci siamo visti una volta in settimana per quasi un mese, e io ho sempre pianto, e lui freddo irremovibile, con te non ci voglio stare. Ha distrutto i tre mesi precedenti, facendoli apparire come un tentativo misero di provare a stare con una donna, fallito. Diceva che questo non era il solito sabotaggio ma, davvero, questa volta era certo di voler chiudere. Parlava a fatica, e se prima non faceva che parlare di sé stesso, di noi, di lui, ora bisognava cavargli le parole di bocca; alle domande “Spiegami perché non vuoi stare con me, da un giorno all'altro, dopo tutte le intenzioni e i dati oggettivi” lui dice “Perchè di no, perché no”, e io “ma dammi un motivo, cosa non va?” e lui “Tutto, tutto, mi da fastidio tutto, ogni cosa, basta, basta”. È passato più di un mese, io lo cerco sempre, ogni giorno, a volte mi risponde a volte no. A volte sembra stia per ricredersi, mi dice ok ci sto riflettendo, davvero, ma altre volte sa solo dirmi basta, mi hai rotto basta, minaccia di bloccarmi. Io passo le giornate a chiedermi dove sia. E come abbia potuto fare così, con me, non un'estranea, ma ME, quella che avrebbe potuto trovare la chiave, la persona più importante di tutte. Come può essere ora così cinico e distaccato? Come può essere passato da quelle promesse così salde a questa distruzione? E soprattutto, perché io sono ancora qui?
Io sono, davvero molto, timidamente, immaturamente, ma anche concretamente, innamorata. Io avverto la città e la vita vuote senza le sue parole, avverto l'inutilità dei miei giorni, e so che questo non va bene, tuttavia è così. Da un mese ho saltato lavoro molte volte, sono sempre in casa, evito le amiche e gli amici (anche perché un po' me ne vergogno, sapevo a cosa stavo andando incontro). Lui mi ha interiormente distrutto e demotivato, mi ha forse illuso, forse no, forse davvero pensava quelle cose quando le diceva, e forse davvero adesso non le pensa. Come ci si può disinnamorare in questo modo, in un lasso di tempo così misero? E non è che io non riesca a riconoscere il suo disagio,e i suoi difetti: so bene che, oltre ad un disturbo di personalità, è anche profondamente immaturo, egoista, egocentrico, narciso, incapace di “stare solo e stare con gli altri”, è viziato, è prepotente, non sa chinare la testa mai, non si sacrifica mai, si erige a saggio e poeta, eppure non è in grado di stare concretamente vicino ad un persona in modo stabile. Ma ritengo che tutto questo si possa davvero superare, il problema è che lui è sette persone diverse: sognatore, affettuoso, cinico, arrabbiato, distaccato, triste, e queste sette persone a volte coesistono ma non comunicano tra loro, quasi come se ciò che fa il “cinico” non venisse vissuto anche dal “sognatore”. Vive in un eterno presente, con momenti di lucidità molto brevi, nei quali prende contatto con sé stesso e con gli altri, con i suoi errori. So bene che probabilmente il problema è l'affetto mancato durante l'infanzia: suo padre, mi ha detto, era uguale a lui, estremamente instabile, un giorno c'era e lo portava a fare mille cose, il giorno dopo spariva, per poi tornare ed essere distaccato, e poi tornava affettuoso, e così via; il padre morì quando lui aveva 12 anni, la madre lo vizia in una maniera impensabile e mai, mai gli ha fatto conoscere il senso di responsabilità o il senso di “conseguenza delle azioni”, poiché qualunque cosa egli faccia, sia tornare a casa ubriaco e rompere tutto, sia stare via giorni senza farsi sentire, la madre gli dice sempre “Va bene amore”, e gli prepara da mangiare. Eppure questa a me pare solo una cornice, e credo che con la buona volontà e l'affetto di chi gli vuole bene, si possono superare miliardi di ostacoli, compresi i miei perché io, nel giorno di mesi, ho cominciato a soffrire davvero, di ansia, di angoscia, di paura. Non lo sento dall'altro ieri, l 'ho chiamato verso mezzanotte, e lui mi ha detto che devo lasciarlo stare, però siamo rimasti quasi mezz'ora al telefono, io gli ripeto all'infinito che non è possibile fare come ha fatto, che c'erano promesse, e che davvero quelle cose le voleva fare, e lui a dirmi che si sbagliava, che recitava una parte, che questo, cinico e freddo, è il vero lui. E io a dirgli che non può esserne sicuro, poiché mai ha avuto una reale percezione di sé, dunque “tutti i suoi lui” sono potenzialmente il vero lui. Era d'accordo, ma mi ha detto “E allora? Io con te non voglio stare, non ti voglio, non voglio nulla, lasciami in pace”; mi ha detto che il suo vivere in un'eterna adolescenza tutta emozioni lo rende davvero creativo, e io gli ho fatto notare che eterna adolescenza non deve per forza presupporre eterna instabilità, e che ci sono promesse fatte e felicità vissute che non può negare: mi ha dato ragione, quasi ridendo, e poi mi ha salutato dicendo che voleva dormire. È da ieri mattina che ha il telefono spento, questo mai l'aveva fatto, non so dove sia, con chi sia, a casa non è, in giro non è, è sparito, e non so dove. E l'ansia mi divora. Mi chiedo, ora, come sia possibile, stavamo andando bene, andava tutto bene, ok voler distruggere e poi ricostruire, ma è passato più di un mese. Cosa devo fare? Io vorrei insistere all'infinito, così da dimostrargli che davvero sono stabile e sarò stabile per lui, ma così è davvero logorante, perché sentirsi ignorata e passare le ore a chiedermi dove sarà è molto, molto doloroso. Altro non posso che aspettare? Ciò che più mi manca è sentirlo parlare di noi, di lui, del mondo, ha sempre comunicato tutto e ora questa assenza di comunicazione mi uccide. Forse lui vorrebbe che io, di fronte al suo abbandono, mi mostrassi forte, in grado di cavarmela senza di lui? Forse lo fa come prova, prova continua, per vedere dove va a finire tutto? Ecco, il risultato è che io riempo i suoi silenzi con le mie paranoie e le mie insicurezze, ad esempio ora, che ha il cellulare spento e non so dove sia, lo immagino con un'altra chiuso chissà dove, o magari con lo zaino in spalla, partito verso chissà dove. Non hai mai lavorato in vita sua, e i piani erano, con me, partire a giugno e verso bo, si vedrà. Forse è davvero partito, eppure al telefono la sera prima non mi ha detto nulla.. anche se è estremamente imprevedibile. Ormai, sono quasi ridicola a chiedere alla gente “Ma sapete dov'è?”, tutti mi guardano con rammarico, pensano povera ragazza, è davvero impazzita, però a lui nessuno dice mai nulla, viene tutto tollerato, lui fa il bello e il cattivo tempo ma va tutto bene. Cosa dovrei fare? Dovrei davvero lasciarlo stare e aspettare un ritorno? E se lui volesse rassicurazioni continue? Magari, anche se da fuori pare ignorarmi, in realtà è solo un modo per vedere quanto davvero ci sarei? O queste sono solo illusioni nate da una mente che non vuole rassegnarsi? Eppure, quando era tornato a dicembre, ha dipinto tutto l'odio e la cattiveria dei mesi precedenti come farse, esagerazioni, modi per . Forse è l'attore di sé stesso, e ormai non ricorda più le parti? Ma io, esisto per lui, o sono solo una proiezione, un vaso da riempire di caos per poi liberarsene quando sta straripando? E lui, è solo un buco nero di affetti, che fa pagare sul cuore altrui la sua inadeguatezza ai rapporti? Farei davvero di tutto, di tutto per renderlo sereno, per vederlo tornare ancora, e costruire. Ma sarà solo una lotta contro il vento?
Perdonate per la lunghezza e per i dettagli. Spero che quest'esperienza possa risultare “utile” o anche solo interessante per qualcuno. Forse io sono davvero pazza, ho perso la ragione e mai ne uscirò, e forse lui vorrebbe una persona più lucida e forte al suo fianco, ma è impossibile restare lucidi e superficializzare l'abbandono ,perché è ogni volta una sofferenza estrema e, soprattutto, ogni volta sembra sempre un abbandono definitivo. Ogni secondo senza di lui, quando non so dov'è, dura tre inverni, mi manca, e la sua indifferenza è un veleno, così come la sua immotivata distruzione di ogni istante felice.
dovrei ignorarlo? Dovrei aspettare?

reba

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