DBP come aiutarla?

Vivo la stessa situazione con mia moglie , un attimo ti stringie ti coccola, dopo cinque minuti ti aggredisce, tutto quello che dico è sbagliato, se gli do un consiglio lo interpreta come un rimprovero, sono allo stremo , vuole aiuto da me.
La coccolo in tutto gli porto la colazione a letto, preparo il pranzo etcc. ma lo faccio col cuore .
A momenti riesci a costruire qualcolsa che pensi che duri ma in un attimo lo butta giù. So che non è colpa sua e per questo motivo che le sto vicino e la amo, ma non so ancora quanto potrò resistere.

Cara Carla,
il tema da lei proposto è di importanza assoluta: le persone che vivono al fianco di una persona affetta da Disturbo Borderline sono le prime a dover gestire l'enorme frustrazione data dal vedere la persona amata soffrire, senza riuscire a capire come aiutarla. Talvolta questa frustrazione, frutto dell'affetto, si trasforma paradossalmente in rabbia o, peggio ancora, in una dedizione assoluta. In quest'ultimo caso il paradosso (e il danno che ne deriva) è ancora più evidente, poichè in questo modo non si fa che rinforzare inconsapevolmente i comportamenti problematici (es. autolesionismo = maggiori accudimento e attenzioni = ancora più autolesionismo).
Una ferma affettività, come da lei suggerito, costituisce la terza opzione ideale.
Capire come declinare in azioni questo proposito ideale, naturalmente, è tutt'altro che semplice: se il terapeuta della sua fidanzata fosse d'accordo, potrebbe essere utile programmare degli incontri allargati in cui discutere tali aspetti, così come iniziare un percorso di supporto psicologico con un diverso terapeuta.
Sperando di esserle stato d'aiuto
le auguro un in bocca al lupo,
Dott. Alessandro Pace

Gentile dott. Pace,

leggendo e documentandomi ho finalmente chiaro che la mia ragazza (30 anni) soffre sicuramente del DBP. Ne ha tutti i sintomi. Per fortuna lei stessa inizia ad esserne consapevole e per questo ha iniziato da circa un mese un percorso di psicoterapia, che però come sappiamo inizierà a dare dei risultati solo nel lungo periodo. Nel frattempo io sono l'unica persona che sa di questo suo disturbo e le sta a fianco. Proprio per questo motivo vorrei essere certa di assumere un comportamento corretto "clinicamente" parlando. Come posso starle vicina? come posso aiutarla senza commettere errori? come saprà meglio di me, le persone come me che vivono al fianco del malato devono subire ogni giorno tutte le conseguenze della sua malattia: sbalzi di umore, autolesionismo, insicurezza, attacchi di ansia, reazioni eccessive in un verso o in un altro. Ecco, come poter gestire tutto questo cercando di aiutare il paziente? bisogna comprenderlo in tutto? giustificare tutto? oppure il comportamento corretto è comprensione e dolcezza ma anche fermezza quando serve? vorrei essere sicura di essere causa di miglioramento per lei, e non fonte di peggioramento.
la ringrazio in anticipo per la sua risposta.

Carla